Il giardino della quiete

© MRA Studio

L’intervento si inserisce nella imponente cornice del Cimitero Monumentale, e tenta di interpretarne l’aulicità e la rappresentatività. Gli elementi che costruiscono il luogo dei morti e che ne rappresentano il senso sono molteplici e si ritrovano nei tanti cimiteri della storia; attraverso la loro composizione si tramanda il sentimento di rispetto che appartiene all’atto della custodia. Il recinto, l’acqua e le corti sono gli elementi che caratterizzano questa nuova “architettura del silenzio”, un’architettura sull’acqua per evocare la quiete.

Il “recinto”, elemento di individuazione e allo stesso tempo di protezione del luogo, è l’elemento costitutivo e ricorrente che appartiene storicamente al tema del cimitero. Esso racchiude preziosamente al suo interno due “isole”, due edifici diversi e tra loro complementari, legati indissolubilmente dalla geometria che li genera: l’uno a formare una grande corte quadrata solcata da un alto porticato cruciforme; l’altro con un impianto a croce delimitato dal medesimo porticato questa volta disposto perimetralmente al quadrato, che racchiude quattro piccole corti che si affacciano sull’acqua. Le “isole” si raggiungono, una volta varcate le rare aperture del recinto disposte sugli assi geometrici dei quadranti, attraverso degli esili passaggi sospesi sull’acqua; un gesto questo di grande suggestione ed altamente evocativo. E tutto si raddoppia nello specchio delle acque calme, mentre la filodiffusione diffonde le note di Satie.

Gallery

Credits

  • progetto > MRA studio – Massimo Raschiatore Architetto
  • localizzazione > corso Novara 137, Torino
  • tipologia > edificio religioso
  • cronologia > 2003 – 2008
  • crediti fotografici > MRA studio

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2 risposte a “Il giardino della quiete”

  1. roberto pagnano ha detto:

    Con poche parole

    Ci sono due temi che un architetto o aspirante tale, come si definisce Oscar Niemeyer alla sua tenera età, deve far scorrere sotto la sua penna per potersi misurare col Ruolo a cui invita questa disciplina.
    Due temi: la casa di eros e la casa di thanatos.
    Ma con le giuste appuntature o sollevando le copertine dei libri giusti, da un passato non molto remoto, il dott. Freud potrebbe bacchettarci urlandoci contro che amicizia e odio, amore o piacere e morte sono andata e ritorno dello stesso gesto,sentimenti di cui l’uomo dispone ad ogni passo senza una precisa separazione.

    Questa non troppo illuminante osservazione per mettere subito un punto fermo: il tema è uno soltanto, è quello della casa; ogni altro fenomeno umano che riguardi o generi forme aggregative, di carattere necessario o ludico, può avvalersi delle stesse regole.
    E l’unico tema dell’architettura della necessità, il ponte, che evidentemente devia da questa definizione, ci soccorre per portare la casa di eros e quella di thanatos sotto lo stesso tetto, fornendoci lo strumento adatto per il superamento della Soglia.
    E si perché se amore e odio, vita e morte sono le due facce dello stesso fenomeno umano, l’idea della soglia, di un’ideale sottilissima separazione, a cui da millenni affanniamo nell’ attribuire verità assolute, responsabilità, origini, è per dirla alla doc brown, ciò che rende possibile il viaggio nel tempo ( e per noi ciò che rende possibile tradurre pensieri in geometria).

    Fatto questo spocchioso cappello, necessario se non altro a stabilire un lessico di poche parole, tra due righe, userò un lessico di poche parole per parlare di un progetto di poche parole.

    Arrivo dalla strada, ho parcheggiato, pochi segni, i soliti, mi dicono che non ho sbagliato strada come al solito; l’ape cross 125 che vende fiori a prezzi e sguardi contenuti fa da prima ballerina, la quinta del muro beige è quella del cimitero.
    La supero da un ingresso non distante, scendo pochi gradini che separano la strada dalla quota del parco , faccio un cenno di saluto allo sguardo rassegnato di due signore in nero poi, senza cercarla, mi viene incontro la torre del giardino della quiete.
    Sei ponti superano la soglia in mattoni rossi, un recinto pulito, disegnato solo dalle feritoie che permettono l’introspezione dal viale perimetrale, ma per quanto mi riguarda è un muro di graffiti per tutto ciò che c’è stato scritto sopra; è quella sottile separazione a cui accennavo prima, la pagina a cui attribuire spiegazioni e affermazioni che, come accade raramente, e direi che questo è uno dei casi, quando diventa geometria o addirittura materia, genera forti tensioni.
    I sei ponti, strumenti ma soprattutto matrice geometrica dell’impianto stesso, sono i vettori di due nuclei, due quadrati con inscritte due croci, l’uno il negativo dell’altro…
    Geometrie complementari, perfettamente incastrabili l’una nell’altra, tenute separate, per dirlo di nuovo ma con diverse parole, dalla soglia che ne assorbe il reciproco magnetismo, dilatandone le mutue attrazioni.
    Se la casa è casa di eros come di thanatos, del piacere e dell’oblio, della vita e della morte, se la soglia che appena le separa e tiene insieme è la nostra conoscenza, i nostri ricordi, il nostro tempo, se esiste un modo per tradurre in geometria o addirittura materia tutto questo, mi domando se il giardino della quiete ci sia riuscito…
    Forse si, anche perché tornando a casa, sotto la pioggia incurante e io di lei, superata la soglia di mattoni, la lancetta del mio orologio segnava la stessa ora del mio arrivo.

  2. massimo ha detto:

    grazie roberto

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