Le mille bolle blu di Londra

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Una nuvola digitale sul cielo della City si candida a simbolo delle Olimpiadi del 2012

Immaginate di pedalare nel cielo di Londra come l’extraterrestre E.T. nella notte californiana. Una faticaccia d’accordo, ma volete mettere la soddisfazione di parcheggiare la bicicletta lassù… In meno di tre anni una gigantesca nuvola artificiale potrebbe galleggiare sui grattaceli specchiati della City riappacificando gli abitanti con quelle vere cariche di pioggia che tanto appesantiscono il cuore britannico. Se il sindaco Boris Johnson preferirà all’artista Anish Kapoor e allo scultore Antony Gormley il progetto d’un gruppo di architetti internazionali capitanati dal torinese Carlo Ratti, The Cloud diverrà il simbolo delle Olimpiadi 2012, la forza della leggerezza per dimenticare la peggior crisi economica a memoria d’inglese. Detta così sembra filosofia, invece è pensiero applicato, tecnologia in formato pop.

Nel team messo insieme da Ratti e dal suo partner Walter Nicolino ci sono ingegneri della Arup, designers del Massachussets Institute of Technology, artisti come il tedesco Tomas Saraceno, nerds prestati da Google e il maestro della mescolanza dei generi alto e basso Umberto Eco che ancora quest’estate era lì a discutere con gli altri il nome della nuvola. E fu chiamata The Cloud.

“La struttura è composta da torri di maglie metalliche su cui è sospesa una serie di bolle in plastica ETFE, quella utilizzata per il Water Cube di Pechino e per l’Eden Center in Cornovaglia che può durare anche quarant’anni” racconta Ratti. Una volta in cima la visione aerea è grossomodo la stessa del London Eye, la grande ruota panoramica che domina la città, solo che l’accesso alle nuvole bisogna meritarselo. Sì, perchè questo grande giocattolo per adulti è alimentato da pannelli fotovoltaici ma anche dallo sforzo fisico dei volenterosi visitatori: “Gli ascensori, che chiunque può utilizzare per andare su e giù, recuperano l’energia potenziale delle persone che sono salite a piedi o in bicicletta e la rimettono in circolo”. Negli anni ’70 sarebbe stata definita un’opera d’arte collettiva, Ratti, pioniere delle nuove frontiere tecnologiche dell’architettutura sin dal progetto per le pensiline digitali per gli autobus di Firenze, preferisce l’espressione internettiana crowdsourcing, la creazione di un prodotto globale tipo Wikipedia a cui ciascuno contribuisce come può. The Cloud sarà di tutti insomma, non solo dei londinesi. Anche perchè, continua Ratti, chiunque è invitato a partecipare alle spese: “The Cloud potrà essere costruita con 5 milioni di sterline o con 50. La flessibilità della struttura ci permetterà di adattarla alla quantità di fondi raccolti”.

Il sito raisethecloud.org, coordinato da esperti della campagna presidenziale di Obama, ha aperto ieri la sezione sottoscrizioni e a poche ore dal lancio la pagina Facebook contava centinaia d’iscritti. Se la sostenibilità economica offre una sponda al Comitato olimpico, che stenta a contenere le spese d’organizzazione sforate già di 2,7 miliardi di sterline (circa 3 miliardi di euro), e quella energetica gratifica gli ambientalisti, la vera forza della nuvola sta però nell’afferrare la contemporaneità mescolando insieme architettura e tecnologia, razionalità e fantasia, poesia e sport.

A immaginarla galleggiare impalpabile sopra il cielo di Londra potrebbe sembrare l’ultima fase dell’integrazione tra homo habitant e natura, dalla Casa sulla Cascata di Frank Lloyd Wright allo Scrigno di Renzo Piano sul Lingotto di Torino. Invece Carlo Ratti si riconosce piuttosto nella “scuola radicale” che sacrifica la forma al processo, gli inglesi Cedric Price e Archigram, Buckminster Fuller, gli italiani di Superstudio. Così The Cloud è al tempo stesso una nuvola reale e digitale, struttura e movimento: “Grazie al contributo di Google, che per la prima volta partecipa a un progetto del genere, le bolle sono dotate di migliaia di pixel digitali come fossero schermi tridimensionali su cui arrivano informazioni da tutto il mondo”. Tanto per chi è a bordo quanto per chi guarda con il naso all’insù la visione diurna è panoramica, lo skyline della City dall’alto e dal basso grappoli di cherubini affacciati. Di notte, dentro e fuori, pulsano le notizie. “Potremmo fornire un aggiornamento continuo delle ricerche internet dei londinesi durante le Olimpiadi, creando una sorta di barometro degli interessi e dell’umore della città” spiegano entusiasti i tecnici di Google. Senza contare i risultati delle gare in tempo reale.

Per ora The Cloud è poco più d’un volo pindarico. L’ultima parola spetta al sindaco di Londra a cui toccherà convincere la scettica Gran Bretagna che la nuova struttura non replicherà il fiasco del Millennium Dome, l’enorme e pretenziosa cupola costruita nel 1999 sulle rive del Tamigi che dopo un anno non aveva staccato neppure la metà dei 12 mila biglietti previsti. Le chance di poter presto passeggiare tra le nuvole sono buone: a contattare il gruppo di Ratti è stato lo stesso Boris Johnson, uno con i piedi saldamente per terra.

(Francesca Paci, La Stampa, 12/11/2009)

per approfondire

www.raisethecloud.org

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