Re: Recensione Scritti, brevi e riscritti

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Di seguito lo scambio di email con considerazioni e appunti per la recensione del libro Scritti, brevi e riscritti di Valter Scelsi – primo volume della collana Opera metrica edita da Sagep Editori – che avremmo dovuto scrivere. Avremmo…

copertina

9 maggio 2017 ore 11:18

Ciao,
scusate se vi metto pressione ma dobbiamo scrivere la recensione del libro di Scelsi e siamo in ritardo.
Prima di vederci, giusto per scaldarci un po’, potremmo scambiarci qualche impressione.
Chi inizia?
Da

12 maggio 2017 ore 17:33

Rompo il ghiaccio.
Lo faccio con una considerazione quasi istintiva e un po’ polemica.
Probabilmente Scelsi smentirà, ma mi pare che la sua raccolta di scritti si possa leggere (anche) come una piccola, ironica, frecciata nei confronti di quella forma di ipocrisia diffusa nel mondo accademico – peraltro stimolata dai meccanismi perversi di abilitazioni nazionali, VQR, ecc… – che consiste nel grattare il fondo del proprio barile riciclando il riciclabile e anche il non riciclabile con il nobile scopo di pubblicare “qualcosa” nei momenti più cruciali della propria carriera. In questo caso Scelsi gioca a carte scoperte e la ri-scrittura è dichiarata fin dal titolo. Non solo: diventa, insieme alle parallele questioni del “montaggio” e della “sequenza”, il vero tema del libro. D’altra parte, al di là del valore intrinseco del saggio, di cui per ora non vorrei parlare, come non leggere nella riproposizione della ricerca universitaria su Aalto (questa non ri-scritta ma addirittura ri-prodotta anastaticamente) una strizzata d’occhio?
Proprio il testo su Aalto, ma in fondo anche gli altri, che appaiono carichi di vissuto personale (valga per tutti l’esempio di quelli dedicati all’esperienza di Magazzino Sanguineti), mi suggeriscono un’altra osservazione preliminare, con la quale chiuderei, perché conosco la mia tendenza alle email lunghissime :-)  Penso che il lavoro di Scelsi non sia da leggere come un lavoro puramente intellettuale, eseguito a tavolino, un esperimento post-moderno condotto con freddezza. Mi spiego meglio: è chiaro che l’autore sia del tutto consapevole delle complesse implicazioni filosofiche di quello che fa, ma la prospettiva e le ragioni della raccolta, della riscrittura e del montaggio mi pare che siano soprattutto, o almeno in buona parte, intime, autobiografiche, un po’ come se Scelsi stesse sfogliando un album di proprie fotografie. E in queste occasioni si sa come si alternino la nostalgia e l’ironia, il sorriso per i pantaloni a zampa e le basette bizzarre e qualche ombra di malinconia, l’affetto per il proprio passato e il distacco dello storico (e del critico) di se stesso…
Come promesso mi fermo qui.
A presto,
Anto

PS Dai, che cosa volete di più? Oltre a rompere il ghiaccio ho anche fatto per voi il lavoro sporco dell’osservazione polemica…

16 maggio 2017 ore 22:03

Il “montaggio” è presente anche nell’immagine della copertina: tratta da The First Men in the Moon di Wells, illustra l’assemblaggio di una piccola astronave che porterà i due protagonisti – lo scienziato geniale dottor Cavor e l’affarista Mr. Bedford – sulla Luna. Il viaggio che Scelsi propone è alla riscoperta di suoi brevi diciassette scritti prodotti in momenti diversi, con diversi fini (recensione, presentazione, breve saggio…) e su argomenti diversi, ma in qualche modo tutti legati alla sua esperienza di architetto, curatore e critico dell’architettura. Peculiarità del volume, anch’essa dichiarata nel titolo, la brevità dei testi che rende la lettura agile e permette al lettore di saltare da uno all’altro scegliendo dall’indice senza seguire l’ordine proposto: una sorta di ri-montaggio del montaggio.
Grazie Anto per esserti fatto carico dell’osservazione polemica, che tra l’altro trova sponda nelle due figure in copertina in qualche modo personificazioni di opportunità e ricerca.
A presto,
Da

18 maggio 2017 ore 10:25

Inizio con una considerazione personale. Ci sono momenti in cui sembra più facile parlare di qualunque argomento piuttosto che di ciò che dovrebbe costituire il centro dei propri interessi. Leggendo il libro di Scelsi le associazioni che mi sono venute alla mente avevano un carattere prevalentemente letterario. Questo potrebbe essere il frutto di alcuni dei riferimenti presenti nel libro, d’altronde la figura e l’opera di Edoardo Sanguineti sono centrali in più di uno degli scritti. Tuttavia l’architettura, e soprattutto il “mondo” che le ruota attorno, sono e restano, come avete già notato, i protagonisti indiscussi.
La suggestione di cui prima ho parlato non deriva quindi dall’argomento stesso del libro ma dall’effetto d’insieme che, almeno nel mio caso, viene prodotto dalla sua lettura. Mi piace immaginare che l’opera di Scelsi sia in qualche modo l’espressione di un genere letterario emergente. Necessariamente ascrivibile al fenomeno dei libri pubblicati per ragioni di curriculum il libro è stato “composto” ordinando e rielaborando una serie di testi che, senza alcun intento denigratorio, potremmo definire come scritti d’occasione. Naturalmente questo genere di materiale dovrebbe perdere di efficacia, se non addirittura di senso, una volta separato dall’evento che ne costituiva la motivazione originaria. La ricomposizione di questi scritti diviene invece, in questo caso, l’occasione per la costruzione di un racconto che ha per oggetto la cultura architettonica degli ultimi dieci anni o poco più.
Immaginando le “ragioni di curriculum” come l’occasione per mettere mano a questa raccolta, ci troviamo di fronte ad uno “scritto d’occasione” a sua volta composto da “scritti d’occasione”; si rafforza così la sensazione di trovarsi di fronte ad una narrazione costruita come una serie di scatole cinesi, un po’ come avviene nel Manoscritto trovato a Saragozza o nel Tristram Shandy. L’accostamento di testi di presentazione, articoli brevi e lemmi di glossario mi sembra richiamare alcuni caratteri tipici del romanzo epistolare; citerei a titolo d’esempio Le relazioni pericolose e Dracula perché l’idea di pericolosità oltre che un vago senso di minaccia ben s’accompagnano a qualunque attività abbia a che fare con la formazione di un curriculum accademico. Con questo paragone ironico mi riallaccio alla considerazione iniziale di Antonio.
GL

23 maggio 2017 ore 20:43

Ogni saggio si apre con una nota introduttiva che spiega l’occasione per cui è stato scritto e svela curiosità o aneddoti legati a esso. Scopriamo così alcuni dei motivi della loro scelta: ridare il titolo originale che non rispecchiava le ragioni editoriali del web, porre rimedio a refusi come per Curva, ricongiungere testi facenti parte di un unico discorso – Magazzino Sanguineti – oppure traduzioni di pubblicazioni in altre lingue. Ma è nella nota a Gli amanti di Pompei dove Scelsi ci indica la chiave di lettura di tutto il libro riferendosi alla “lezione” di Francesco Venezia ossia al «meccanismo di nessi capace di trasportare la struttura iconolocico-analogica del linguaggio dell’architettura in una condizione dove l’architettura non sia costretta a parlare di cose altre da sé» ed è qui che riusciamo a capire la serie di nessi tra i differenti saggi, se trasliamo il meccanismo dall’«architettura nuda» allo scrivere di architettura: la lingua della citazione e il richiamo della memoria.
Ciao,
Da

24 maggio 2017 ore 9:17

Torno ancora sulla questione del riscrivere. In questo caso si tratta di un’azione esplicitamente dichiarata, ma in fondo qualsiasi forma di cultura è sempre la riscrittura di un testo precedente; ricordando quanto scriveva Torsello a proposito della relazione tra l’oggetto del restauro e il progetto di restauro, sarei portato a parlare di “pretesto”, e il termine nella sua ricchezza semantica mi pare adeguato per i diversi scritti raccolti da Scelsi, che nascono appunto da piccoli e grandi “pretesti”, nella doppia valenza di «testi che vengono prima» e di «occasioni per scrivere». Il lavoro universitario sulla fortuna storiografica di Alvar Aalto è chiarissimo in questo senso: un testo che riguarda precisamente «testi che vengono prima» che al tempo stesso costituiscono anche l’”occasione”, il “pretesto”, forse il primo per l’allora giovane Scelsi, per provare a dire qualcosa non di “nuovo”, ma perlomeno di “personale”.
Queste considerazioni mi conducono a qualcosa che risulterà tanto più evidente a chi conosce personalmente Valter, e ha una certa dimestichezza con le sue personali predilezioni e idiosincrasie, che peraltro spesso trapelano dagli interventi scritti ma soprattutto nelle molte “occasioni” in cui si trova a parlare in pubblico. Mi riferisco alla consapevolezza che quando si dice o si scrive qualcosa ci si trova sempre in medias res, e allo speculare fastidio per tutti quei discorsi che pretendono di raccontare la storia – qualsiasi storia – dall’inizio, con l’ambizione, irrimediabilmente perdente a priori, che si possa dire qualcosa di davvero nuovo, che si possa davvero parlare per “primi”; in questa prospettiva la scelta di scrivere (e, in questa occasione, addirittura ri-scrivere) un testo su Woodstock, senza far parte della generazione che lo visse in prima persona (se non il concerto stesso, perlomeno le ripercussioni dirette), è particolarmente eloquente, e in fondo sottilmente ironica: se c’è qualcosa su cui tutto e il contrario di tutto è stato già detto e scritto è proprio «la tre giorni di pace, amore e musica». Woodstock è l’emblema della condizione di chi è condannato a “venire dopo” cioè, in ultima analisi, chiunque si trovi a dire qualcosa su un qualsiasi argomento dello scibile umano :-) Non per niente il testo di Scelsi non prova neppure a risalire “direttamente” all’evento, ma passa attraverso il ricordo della visione adolescenziale del documentario di Wadleigh, avvenuta in occasione del decennale del concerto; ancora una volta, se non si può dire qualcosa di nuovo, si può dire qualcosa di personale: e non è un caso, per chiudere tornando agli interventi (scritti, ma soprattutto parlati) di Valter, che questi quasi sempre procedano da (o, qualche volta, giungano a) notazioni autobiografiche.
Anto

25 maggio 2017 ore 21:36

Concordo. Il processo di riscrittura acquisisce un significato particolare quando si riscrive se stessi: non solo correzione ma anche attribuzione di nuovi significati a eventi appartenenti al passato. Ed è qui che subentra il carattere personale della pubblicazione che attribuisce nuove peculiarità alla raccolta a partire dalla scelta dei saggi e dalla loro messa in fila nell’indice.
Da

26 maggio 2017 ore 11:09

Il processo di riscrittura diventa occasione per la riappropriazione di ciò che era stato fatto per essere consegnato ad altri. Quest’operazione, così squisitamente legata alla scrittura, acquista un fascino particolare quando viene accostata all’architettura. L’architetto solo occasionalmente lavora per se stesso; in tutti i casi in cui vi sia un committente esterno il progetto d’architettura è necessariamente “opera d’occasione”. Al contrario di un testo, un edificio entra nella disponibilità del committente senza che il progettista possa facilmente riappropriarsene. Gli scritti d’occasione hanno quindi un’intima affinità col progetto d’architettura e godono del vantaggio di poter essere liberamente reinterpretati dall’autore in qualunque momento.
Accettando una delle suggestioni del libro, concludo ritornando all’inizio. La raccolta si chiude con il dattiloscritto del 1989 che, per motivi anagrafici, immaginiamo essere uno dei primi scritti di Scelsi su questioni architettoniche. La “nascita dell’autore” è certamente una conclusione interessante per un libro e, sia pure arbitrariamente, ci piace l’idea di leggervi un indizio del carattere squisitamente letterario di questa raccolta.
GL

26 maggio 2017 ore 18:23

Beh direi che del materiale su cui lavorare ne abbiamo.
Quando ci vediamo? Martedì prossimo io non posso.
Da

Autori
ICAR65 è un collettivo di ricerca multidisciplinare.
L’oggetto di studio di ICAR65 è l’architettura in tutti i suoi aspetti e nelle sue relazioni con altre discipline.
Gli obiettivi che ICAR65 si propone sono:
– lo sviluppo della ricerca scientifica e la creazione di un terreno di scambio tra i diversi saperi legati all’architettura;
– la diffusione della cultura architettonica al di fuori del suo ambito specifico, anche coinvolgendo specialisti in altre discipline;
– la didattica a livello universitario, anche ricorrendo a forme di sperimentazione;
– la comunicazione rivolta a un pubblico generico.
I risultati che ICAR65 si propone di produrre possono assumere la forma di pubblicazioni, conferenze, mostre e workshop.
ICAR65 cura la collana Percorsi di Architettura edita dalla GUP Genova University Press.
I membri di ICAR65 sono alcuni dottori di ricerca in architettura dell’Università degli Studi di Genova, Dipartimento di Architettura e Design: Maria Canepa, Giacomo Cassinelli, Valeria Iberto, Antonio Lavarello, Katia Perini, Chiara Piccardo, Gian Luca Porcile, Paola Sabbion, Davide Servente.

Info
titolo > Scritti, brevi e riscritti
autore > Valter Scelsi
casa editrice > Sagep
pagine > 160
anno > 2017
prezzo > € 15,00

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