Offerta Prodotti Tipici

massa critica | pietro valle

In attesa della presentazione torinese di Alpe Adria Senza, raccolta di scritti di Pietro Valle dedicati ai paesaggi del Nord Est, pubblichiamo in questa sede, come preview, un testo inedito dello stesso autore. Similmente ai saggi pubblicati nel libro edito da Maqom Hazè, anche in questo caso Valle indaga con occhio critico la dimensione visibile di un luogo apparentemente ordinario – un centro commerciale, in questo caso – per poi rivelarne, lungo il dispiegarsi di una meticolosa analisi, non solo la singolare ricchezza, ma anche l’appartenenza a fenomeni di ben più ampio respiro e significato. 

Davide Tommaso Ferrando

2010-04-30 010_01

Il centro commerciale “Le Valli di Carnia” è un capannone con pannelli prefabbricati di cemento dipinti di un neutrale color rosa pallido che supporta delle insegne luminose aggiunte. L’ingresso è indicato da una piramide di vetro a forma di cuspide che mima una vetta montana. Il parcheggio e la sua strada di accesso passano davanti ad altri edifici industriali facendo sembrare il centro più come parte di una zona produttiva che commerciale. Usciti dall’auto, il rack dei carrelli della spesa invita a cambiare veicolo e, con esso, a passare sotto la cuspide che dovrebbe fungere da pensilina. Questa risulta, tuttavia, essere una sorta di trompe-l’oeil schiacciato che offre poca protezione dalle intemperie. Aggiunto e intersecato ad essa vi è un portico di metallo rosso con colonne  rivestite di mattoni che forma un’area d’ombra alla base del parallelepipedo cieco.

Una volta catapultati all’interno, si passa in un corridoio bordato da pochi negozi con le saracinesche chiuse il quale obbliga a una chicane per raggiungere il supermarket alimentare nascosto nel retro. L’idea di galleria commerciale pare non avere funzionato in pieno, non tutti i negozi sono aperti e la gente si affretta verso l’unico punto di vendita funzionante. Oggi è di scena la promozione locale: ghirlande di rami di pino di plastica e balle di fieno con cestini impagliati indicano la strada verso la zona delle offerte speciali. Tra le corsie parallele di scaffali è stata creata una navata più larga che è occupata da una sorta di chalet di legno con annesso tetto, la dimora originaria racchiusa nella cattedrale del commercio. La casa nella casa propone la realtà intensificata della offerta prodotti tipici all’interno della grande distribuzione, un’oasi che arresta il tempo e offre la sua versione della tradizione ridotta a packaging. Questa sembra opporsi al suo immediato intorno, al prodotto di serie che sta sugli altri scaffali. O forse dice che non si può sfuggire a esso, la genuinità può essere esperita solo se orientata dai programmi di vendita. In questa apparente autonegazione del prodotto industriale, il centro commerciale è coerente con la continua sostituzione di nuovi articoli, il locale è solo una delle tante opzioni. Uomini e donne in costume tradizionale invitano il pubblico ad assaggiare cibi locali in offerta nello chalet. I prodotti acquistati sono inseriti in una particolare confezione e accompagnati da depliant che illustrano le amenità della zona circostante.

Sfrecciando in auto in uscita dal centro, si intravedono alcune case rurali laggiù, lontano dalla strada. Saranno inserite nella mappa informativa? Il territorio è stato rilevato, tutto è già conosciuto e deve essere ora comunicato in quei depliant offerti nella confezione alle casse. La riduzione non riguarda i prodotti, ma i luoghi, riportati alla logica dell’info-point turistico. Solo ciò che è indicato è meta di percorso, il resto è nuova terra incognita, lasciata ai margini della comunicazione. La sintesi che il mercato è costretto a fare per creare un continuo ricambio di beni commerciabili, genera un nuovo paesaggio della dimenticanza a lato dei luoghi evidenziati. E’ il territorio senza nome, dove non c’è linguaggio che prepara e spiega. In questa tenebra informativa non c’è possibilità di scoperta, lo spazio è senza denominazione. Quello che è stato lasciato da parte è, tuttavia, già in lista d’attesa, non sfugge a possibili programmi di sviluppo. Sarà considerato se vi sorgeranno nuovi centri di vendita e di accoglienza. Lo spazio si sdoppia in reale (al centro commerciale) e presunto (nel territorio da sfruttare). L’appartenenza a un luogo diviene virtuale, si modifica nel tempo e si accentua quando i riflettori della promozione si accendono su determinati punti del territorio. E così, ancor più, la realtà risiede solo nei luoghi dove la si enuncia. Come  si guarderanno i luoghi senza nome ai lati della strada? Con quali criteri si potranno esplorare, interpretare, capire? Qual’è il termine di confronto con cui giudicare il territorio della montagna che si sta spopolando?

Amaro 2006

Pietro Valle

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