WatAIR Pavillon [dialogo critico]

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DTF: Caro Stefano, permettimi di prendere in mano la tua risposta, paragrafo per paragrafo, e di analizzarla brevemente.

1) Se il progetto, staticamente, funziona – non nel senso che non cade giù, ma nel senso che i materiali che avete scelto sono utilizzati correttamente rispetto alle loro leggi interne e proprietà, e non sono forzati per ottenere un risultato formale che avevate in testa a priori – allora la configurazione va bene. Il mio dubbio a tal riguardo sorgeva dall’enfasi che avete posto proprio sulle fotografie delle bolle d’aria in acqua. Perché? Perché l’aria, in acqua, ha una certa forma dettata dalle spinte dell’acqua stessa, della profondità in cui si trova, e così via. La forma di una bolla d’aria in acqua non è la forma dell’aria: è la forma dell’aria nell’acqua (a una certa profondità, e in movimento). Ma l’aria, fuori dall’acqua, che forma ha? Allora, se gli studi sulla forma dell’aria in acqua vi portano a indagare, attraverso un’occasione progettuale, il comportamento dell’aria in un altro medium, il vostro processo è una figata. Se vi siete innamorati delle foto subacquee che avete fatto, se avete rilevato la ricorrenza di alcune forme geometriche (ripeto, che dipendono dal medium in cui vi trovavate), e avete deciso di riportarle nella forma di un padiglione, che però si trova in una situazione diversa dal punto di vista della pressione, della forza di gravità, dei materiali etc., allora il vostro processo progettuale – per quanto interessante nel suo chiaro svolgimento lineare – è semplicemente tacciabile di formalismo. Tra l’altro, non mi sembra di aver fatto alcun cenno, nella mia prima risposta, alla possibilità che la vostra proposta volesse gettare le regole per una nuova base teorica.

2) Per quanto riguarda l’effetto fenomenologico del vostro progetto: non ho dubbi che possa essere interessante, di giorno e di notte. Continuo a pensare, semplicemente, che l’apertura di varchi (alti o bassi che siano) contraddica quella che credo sia l’essenza della vostra proposta in questo senso: i fasci luminosi diretti entrano già dall’alto, quelli diffusi inondano l’interno del padiglione attraverso tutta la superficie, e il vostro obiettivo è dirigere verso l’alto gli sguardi: semplicemente, mi sembra, le aperture sono un “di più” che potevate tranquillamente togliere.

3) Perfetto se la relazione con il contesto non ha nessuna importanza. Del resto, è un padiglione temporaneo, probabilmente smontabile e rimontabile in altri luoghi. Ma allora non dovevate scrivere nel testo che “La forma così definita lavora come un “canale” che mette sempre in relazione l’aria del cielo superiore con la superficie del terreno esistente, contrastando il colore del cielo con le diverse sfumature dei diversi territori. Questa scelta va letta come volontà di sottolineare la flessibilità d’utilizzo e la possibilità di integrazione con il contesto in cui viene di volta in volta installato”: è questo ciò a cui mi riferivo quando, nella mia prima risposta, parlavo di “retorica”. Se non ve ne frega niente del contesto (legittimamente!), non ne parlate proprio. Non addolcite la vostra proposta con un riferimento finale, siate serenamente radicali.

4) Per quanto riguarda il canale, rimando a quanto già scritto.

In sintesi: per me in un’architettura di valore deve essere assente la retorica (grande male dell’architettura degli utlimi 30 anni almeno), forma e contenuto devono coincidere, il significato non è di nessuna importanza (tanto ogni opera è interpretabile in milioni di modi, e ogni interpretazione è interpretabile a sua volta), e quello che conta è il modo in cui i materiali vengono poeticamente (da poieo – costruire) messi in relazione tra di loro: tale relazione dipende dai materiali stessi, e non dall’espressione delle inclinazioni o del gusto di chi li manipola. Queste, secondo me, sono condizioni necessarie ma non sufficienti per un’architettura di valore (scritte al volo, quindi sicuramente ne ho dimenticate un bel po’).

SC: Caro Davide, trovandoci di fronte ad un tema così inconsueto – immaginare un padiglione che abbia come principale materiale costruttivo l’aria – abbiamo iniziato il nostro ragionamento cercando di conoscere l’aria, e lo abbiamo fatto attraverso l’acqua; la bolla d’aria in acqua, è stata il primo strumento di esplorazione del materiale, un’immagine facile da evocare, che tutti noi abbiamo in mente e fa parte della nostra  “memoria di forme archetipo”. Il risultato è chiaramente il frutto di ragionamenti consequenziali (dettati dalle necessità funzionali, strutturali) addizioni, opportunità, passaggi matematici, che hanno dato origine alla forma finale. Riteniamo il nostro lavoro molto legato a delle immagini di riferimento che conserviamo all’interno della nostra mente, ogni nostro progetto nasce da momenti di provocazione intellettuale,suggestioni. I nostri progetti hanno l’ambizione anche di terminare lasciando diversi fotogrammi e spunti progettuali per occasioni future.

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